La cucina tropeana e gli "Assaggi di povertà". La cucina tropeana è cucina articolata , di complessa e sfuggente identità e ciò per motivi storici e antropologici. Essa fu plasmata, forgiata dalle famiglie contadine e artigiane e in certa misura da quelle nobiliari, principalmente in epoca borbonica e nella prima metà del '900. Fondamentalmente cucina povera, nell'accezione di verità del piatto, riflette, in piccolo ed in forma diversa, ciò che è la cucina calabrese tutta e cioè la cucina di un popolo composto da comunità eterogenee, di una società costituita da diversità e disomogeneità. "In Calabria non esiste una vera unità ne etnica ne linguistica e quindi anche le sue produzioni culinarie non sono omogenee" osservò il grande filologo Gerhard Rohlfs. Anche Tropea, che sempre fu salotto e cittadina commerciale del meridione, luogo d'incontro di casati e di povera gente, di artigiani e maestranze, di marinerie e commercianti oggi è composta dalle loro discendenze cioè da gruppi eterogenei tra loro. Essi però hanno mantenuto gran parte della loro identità pur fondendosi . E proprio in ciò consiste la bellezza della cucina tropeana: è fusione di famiglie, di culture e di popoli diversi che hanno saputo infondere nel piatto, in modo elegante, le loro radici e il loro spirito. E' quindi ricca di timbriche, di colori e di sfumature che le conferiscono una complessa e sfuggente identità pur lasciando intravedere la luce della storia. Negli anni '60, con l'avvento del turismo, dell'industrializzazione e della globalizzazione, l'autentica cucina tropeana è andata scomparendo come del resto tante tradizioni e tipicità del meridione. Forme di progresso effimero, innovazione tecnologica e soprattutto la perdita di valori umani ne hanno determinato la scomparsa. Stiamo cercando, con notevole sforzo, di ritrovarla, di riappropiarci e di riproporla. A tal proposito vorremmo sottolineare che la cucina tropeana è da ricercare nelle case dei contadini, dei braccianti, delle maestranze più che nei palazzi blasonati. È necessario, a questo punto, distinguere tra cucina tradizionale, cucina del territorio (o tipica) e prodotto del territorio (o prodotto tipico). La prima è quella cucina che ci viene tramandata dalle generazioni che ci hanno preceduto e che trasmetteremo a quelle che ci seguiranno. La seconda è la cucina modellata dalle particolarità del territorio: geografia, microclima, prodotti, culture, usanze ecc. Il prodotto territoriale e quel prodotto, di terra o di mare, che cresce ed esiste in un determinato posto e solo in quel posto. Tre concetti che si influenzano l'un l'altro ma che sono nettamente distinti. I piatti dell'Osteria della Cipolla Rossa si chiamano "Assaggi di povertà". Sono della cucina del territorio o ispirati dalla cucina tradizionale nel senso che altro non sono che i piatti della nostra vecchia tradizione adattati ai tempi moderni e, qualche volta, proiettati nel futuro. Essi vengono preparati, cioè, in modo professionale, ecosostenibile per il benessere dell'uomo e dell'ambiente. Per questi motivi, molte volte con 'assaggi di povertà' ci riferiamo ai concetti e ai principi alla base del modello Osteria della Cipolla Rossa.
"Vi erano delle piccole bilancelle che esercitavano un traffico redditizio con le isole di Stromboli e di Lipari. Esse importavano cipolle, verdure, carbone vegetale ed altro e ritornavano cariche di capperi che vendevano ai rigattieri del vicino villaggio di Parghelia, i quali poi li smaltivano nei vari paesi della provincia." G. Chiapparo, La "Vecchia Marineria" e le culture del mare a Tropea. In questo contesto di fine '800 nasce, probabilmente nell'isola di Lipari, questo piatto che arrivò subito dopo a Tropea. Retaggio dei gloriosi tempi della marineria tropeana, la Caponata di Cipolle di Tropea, viene oggi proposta solo da qualche antica famiglia liparota. Sapori decisi e contrastanti, ricerca degli equilibri sono le caratteristiche di questo piatto che può essere gustato da solo, magari con pane abbrustolito, o come accompagnamento ad un pesce povero alla brace. I palati raffinati diranno che l'abbinamento al vino è impossibile poiché le caponate, in quanto agrodolci, contengono aceti. Non ditelo, però, ai vecchi pescatori tropeani che vi risponderanno che un bicchiere di vino rosso è d'obbligo.
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