Un articolo di scienza della cipolla

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Tesi di laurea sull'aglio 

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Gli alimenti, che nel nostro organismo esplicano funzione energetica, plastica e protettiva, possono essere veicolo e fonte di malattie. Questo accade perché l'alimento stesso può contenere sostanze tossiche, cioè composti chimici dannosi per la nostra salute, con le quali è venuto a contatto durante la sua "vita" - dalla produzione al momento del consumo- oppure perché in esso sono presenti organismi patogeni, cioè portatori di malattie. Nel primo caso si parla di contaminazione chimica degli alimenti; nel secondo caso di contaminazione biologica.

La possibilità che in un alimento siano presenti sostanze chimiche estranee è riconducibile a due tipi di cause: la prima si deve alla presenza di sostanze inquinanti nell'ambiente; la seconda è dovuta a trattamenti e processi di lavorazione degli alimenti stessi, durante i quali residui delle sostanze utilizzate possono rimanere sopra o all'interno dell'alimento.
L'aria, l'acqua e il terreno possono contenere sostanze inquinanti di diverso tipo e di diversa provenienza. Nell'aria si disperdono, per esempio, le sostanze presenti nei gas di scarico degli autoveicoli. Nell'acqua si possono individuare inquinanti provenienti dagli scarichi domestici e industriali. Nel terreno possono esserci i residui di fertilizzanti chimici e di altre sostanze usate in agricoltura, oppure gli inquinanti provenienti da discariche abusive. Per prevenire il rischio di contaminazione ambientale degli alimenti è necessario conoscere le proprietà chimico-fisiche degli inquinanti come la solubilità, la volatilità e la resistenza alla degradazione termica, chimica e biologica. Inoltre, qualsiasi sostanza inquinante presente nell'alimento deve essere valutata in base alle sue proprietà tossicologiche.

Tra i contaminanti più diffusi negli alimenti ci sono i metalli; vediamone alcuni.

Il piombo

Il piombo è un metallo pesante la cui contaminazione è ubiquitaria. La sua presenza si riscontra nell'acqua, nel suolo, nell'aria e negli alimenti. Presente nelle acque e nel suolo perché è un componente di alcuni fitofarmaci ed è utilizzato nella produzione delle vernici. Si può rinvenire nei molluschi, nei pesci, nel vino e negli alimenti in scatola (i contenitori metallici che contengono piombo contaminano gli alimenti all'interno di essi). La FAO/OMS ha fissato un limite di assunzione settimanale provvisorio, per gli individui adulti, pari a 0,05 mg/Kg. Il piombo all'interno delle nostre cellule si sostituisce al calcio e al ferro presenti nelle molecole biologiche, provocando danni a carico soprattutto del sistema nervoso.

Il mercurio

Il mercurio è un metallo liquido a temperatura ambiente ed è utilizzato nelle lavorazioni industriali. Si ritrova soprattutto nelle acque, dolci e salate, dove alcuni microrganismi sono in grado di utilizzarlo in forma inorganica, trasformandolo poi  in una molecola organica, il metilmercurio, che è assimilabile dagli organismi marini. Il mercurio è, infatti, rintracciabile in molti prodotti ittici e, accumulandosi nei tessuti, è presente in maggior misura nei pesci di grossa taglia che si collocano alla fine della catena alimentare. La FAO/OMS ha stabilito un livello tollerabile provvisorio di ingestione settimanale di mercurio pari a 0,3 mg per persona di cui non più di 0,2 rappresentato da metilmercurio. Un'intossicazione da mercurio provoca disturbi al sistema nervoso, cali della vista e dell'udito. Può provocare la morte. Donne intossicate da mercurio possono dare alla luce bambini ritardati o soggetti a epilessia.

Il cadmio

E' utilizzato nell'industria per la produzione di accumulatori, vernici, materie plastiche ed è contenuto nei carburanti. Negli alimenti è presente in quantità inferiore rispetto al piombo fatta eccezione per i crostacei e i molluschi cefalopodi. La FAO/OMS ha stabilito i limiti provvisori di assunzione massima settimanale di cadmio attraverso gli alimenti, corrispondenti a 0,00067-0,0083 mg/Kg di peso corporeo. All'interno dell'organismo il cadmio si accumula nel fegato e nei reni e agisce interferendo nel metabolismo del calcio e del fosforo, due minerali presenti nelle ossa, nelle quali determina alterazioni.

Molti prodotti usati in agricoltura contengono sostanze che possono contaminare gli alimenti. Le contaminazioni più frequenti si devono all'uso di fertilizzanti artificiali e, in maggior misura di fitofarmaci, cioè di prodotti utilizzati per prevenire o combattere diversi tipi di malattie delle piante.
I nitrati sono utilizzati in grande quantità come fertilizzanti dei terreni per arricchirli di azoto, elemento necessario alla crescita delle piante. Quando il terreno contiene forti concentrazioni di nitrati, anche negli ortaggi ( soprattutto in spinaci, carote e insalate) si riscontra una elevata presenza di questi composti. I nitrati presenti negli alimenti possono trasformarsi in nitriti, composti che, oltre ad essere di per se tossici, vengono parzialmente metabolizzate nello stomaco in nitrosammine, sostanze altamente cancerogene. I fitofarmaci comprendono vari tipi di prodotti, come insetticidi, fungicidi e disserbanti. Fra questi particolarmente pericoloso è il gruppo dei policlorobifenili (PBC) al quale appartengono circa 200 sostanze differenti. Sono composti molto stabili, che rimangono a lungo nell'ambiente senza decomporsi e danno origine a una contaminazione ubiquitaria. I PBC sono liposolubili; vengono quindi immagazzinati e accumulati nel tessuto adiposo dell'uomo e degli animali; si possono anche riscontrare nel latte dei mammiferi e dei suoi derivati, a volte con concentrazioni molto elevate. L'Unione Europea ha vietato l'impiego e la dispersione nell'ambiente. Un'altra classe di fitofarmaci è quella dei composti organici del fosforo. La loro pericolosità risiede nel fatto che, una volta nell'organismo, queste sostanze vengono ossidate e trasformate in metaboliti ancora più tossici dei composti di partenza.
Fonti e bibliografia:

I principi dell'abbinamento cibo-vino.
I motivi per i quali si sceglie un vino in abbinamento a un piatto possono essere tradizioni, abitudini, clima, situazioni, ricordi.
L' AIS applica una tecnica di abbinamento cibo-vino che si basa sull'analisi organolettica di entrambi e sulla valutazione delle intensità delle loro sensazioni gustative, tattili e gusto-olfattive. I principi sui quali si basa questa tecnica sono quelli della contrapposizione e della concordanza. Nel primo caso, se un cibo presenta una determinata sensazione, nel vino si dovrà ricercare la sensazione opposta, mentre nel secondo caso la sensazione dovrà essere la stessa. Un esempio per chiarire. Se un cibo è dolce (dessert), per concordanza anche il vino in abbinamento deve essere dolce, mentre se un cibo ha spiccata acidità, sensazione un po' aggressiva, il vino, per contrapposizione, deve equilibrarla con la morbidezza. Sensazione gustativa legata alla presenza di sale nell'alimento, la sapidità è ben percettibile in formaggi, salumi e tutte le preparazioni nelle quali sia aggiunto. La tendenza acida e la tendenza amarognola sono sensazioni gustative più sfumate dell'amaro e dell'acido, che sarebbero decisamente sgradevoli. La prima è legata soprattutto all'aggiunta di poche gocce di aceto o di limone, mentre la seconda è dovuta a molti fattori, come la presenza nel piatto di radicchio di Treviso, fegato, cacao, forti aggiunte di spezie e di erbe aromatiche cotte a lungo, ma si percepisce bene anche in formaggi erborinati o in preparazioni cotte alla piastra.
Sapidità, tendenza acida e amarognola sono sensazioni di durezza, alle quali il vino deve opporre, per contrapposizione, la propria morbidezza.
La sensazione gustativa di tendenza al dolce è legata spesso alla presenza di amido, come in riso e paste, legumi e patate. Tuttavia, grazie ad altre sostanze, può essere percepita in crostacei, pesci, carni e salumi, formaggi e altro ancora, ma non nei dolci.
La grassezza è una sensazione tattile percepita con un senso di pastosità legata alla presenza di grassi allo stato solido, come per esempio salumi e formaggi.
Sia la tendenza dolce sia la grassezza sono sensazioni di morbidezza, che il vino deve ravvivare con la propria acidità, sapidità ed eventualmente effervescenza, sempre per contrapposizione.
Un cibo ricco di untuosità, sensazione tattile legata alla scivolosità determinata da oli o grassi solidi sottoposti a cottura, oppure di succulenza, altra sensazione tattile legata alla salivazione o alla presenza di acqua o liquidi direttamente nei cibi, richiede in abbinamento un vino che, sempre per contrapposizione, opponga una buona componente tannica o alcolica. Struttura permettendo, perché se un cibo ha buona untuosità ma non una struttura che riesca a "sopportare" un vino tannico, si deve scegliere un vino nel quale l'alcol etilico sia sufficiente per equilibrare queste sensazioni.
La struttura è l'insieme delle sensazioni percepite in un cibo, quindi legata agli ingredienti ma soprattutto alla intensità della loro percezione.
Analogo è il discorso per la dolcezza dei dessert, preparati con zuccheri aggiunti, per i quali la scelta deve cadere sempre su un vino dolce, con una struttura adeguata.
Se un cibo ha una forte speziatura, per aggiunta di chiodi di garofano, pepe, cannella, peperoncino, zafferano e altre spezie, oppure di aromaticità, per la presenza di aglio, cipolla, origano, basilico, prezzemolo, maggiorana, è anche dotato di una buona intensità gusto-olfattiva. Sempre per concordanza, anche il vino deve avere un'adeguata intensità gusto-olfattiva. E' però doveroso fare un'importante precisazione, perché l'aromaticità di un cibo non è soltanto legata all'aggiunta di erbe aromatiche, ma sempre al suo "particolare aroma". Esempi? I formaggi, in particolare i pecorini stagionati o gli erborinati come il gorgonzola, sono ricchi di aromaticità, i salumi, soprattutto affumicati come lo speck, i dolci al cioccolato, sono alcuni tra gli esempi più eclatanti, ma tutti i cibi hanno una loro aromaticità, anche se a volte molto delicata.
Inoltre, aromaticità, speziatura, ma anche sapidità, tendenza amarognola e tutte le sensazioni gustative e tattili, determinano la persistenza gusto-olfattiva del cibo, che sempre per concordanza richiede un vino con PAI adeguata.
Le valutazioni delle singole sensazioni non possono prescindere dalla loro intensità: affinché l'abbinamento risulti armonico si devono integrare in modo proporzionale.
Fonti e bibliografia: AIS

Qualunque olio o grasso alimentare contiene, in percentuali diverse, sempre gli stessi acidi grassi legati nei trigliceridi. Nel linguaggio di ogni giorno distinguiamo il grasso dall'olio. Consideriamo, infatti, lo strutto un grasso e l'olio d'oliva un olio. Chimicamente, però, non c'è alcuna differenza: semplicemente chiamiamo oli quei grassi che sono liquidi a temperatura ambiente (che dipende dalla zona geografica).
Un trigliceride è una molecola che viene prodotta da piante e animali ( tra cui l'uomo) allo scopo di immagazzinare i grassi.
Nel disegno in basso un tipico trigliceride. In rosso la molecola di glicerina (o glicerolo) a cui sono legati tre "bastoncini": i cosiddetti acidi grassi.01olio02jpg

A seconda di quali acidi grassi uniamo alla glicerina otteniamo dei trigliceridi di forma diversa. Tutti i grassi alimentari sono composti in maggioranza da trigliceridi (a volte più del 99%).. Questi contengono sempre una miscela di acidi grassi. Sempre gli stessi ma in percentuali diverse.
I trigliceridi non hanno nessun sapore e quando stiamo gustando, per esempio, un olio extravergine di oliva, stiamo in realtà assaggiando il sapore delle varie sostanze disciolte. Visto che i trigliceridi non sanno di niente, il sapore di un olio dipende esclusivamente da quella piccola percentuale di altre sostanze che possono essere presenti, mantenute durante la lavorazione del prodotto, come accade per l'olio extravergine di oliva, oppure, come per esempio nell'olio di soia, eliminate in fase di produzione perché non troppo gradevoli.
Esistono vari tipi di acidi grassi. I chimici li classificano, in base alla loro forma, in saturi, monoinsaturi e polinsaturi. I grassi saturi, ve ne sono tanti, li possiamo immaginare come dei bastoncini diritti, di lunghezza diversa. I monoinsaturi, come l'acido oleico, contenuto in grande quantità nell'olio d'oliva, non sono bastoncini diritti, ma hanno una piegatura. Anche di acidi monoinsaturi ve ne sono tanti: la piegatura può essere in posti diversi e i due segmenti possono essere più o meno lunghi, ma sono tutti accomunati dal fatto di avere una singola piegatura. Poi ci sono gli acidi polinsaturi, come il linoleico, il linolenico e l'arachidonico, che, via via, hanno più piegature e sono sempre meno diritti. Queste caratteristiche geometriche stanno alla base della deduzione che se un grasso è liquido a temperatura ambiente, allora ha una maggioranza di acidi grassi insaturi (mono o poli). Quasi tutti i grassi vegetali, ma non tutti,  hanno questa caratteristica, mentre, al contrario, è raro trovare dei grassi di origine animale che siano liquidi a temperatura ambiente. La classificazione "oli vegetali=insaturi=liquidi" e "grassi animali=saturi=solidi" è quindi  una semplificazione molto diffusa ma non sempre valida. In realtà, tutti gli oli contengono una miscela di acidi grassi saturi, di acidi grassi monoinsaturi e di acidi grassi polinsaturi. A seconda del contesto, a volte per discutere delle proprietà di un olio è sufficiente sapere quanti grassi saturi, monoinsaturi o polinsaturi sono presenti. Altre volte è necessario entrare più nel dettaglio.  Se i grassi alimentari sono composti in prevalenza da acidi grassi saturi, allora sono solidi o semisolidi. Significa che, in gran parte, i trigliceridi consisteranno in bastoncini diritti che, come fossero bastoncini a incastro si impilano più facilmente rispetto a quelli con una o più piegature. Questo è il motivo principale per cui i grassi saturi hanno un punto di fusione più alto: se non hanno piegature si impaccano molto meglio ed è più facile formare solidi. Se, invece,  i grassi sono in prevalenza acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, con tutte le loro piegature, l'impaccamento regolare è più difficile e occorre abbassare molto la temperatura perché solidifichino, quindi a temperatura ambiente risultano liquidi.
Fonti e bibliografia: Bressanini D.

Lo consideriamo un ortaggio ma dal punto di vista della botanica è un frutto. Infatti, le parti
commestibili che la pianta sviluppa dopo la fecondazione a partire dall'ovario sono frutti.
Peperoni, melanzane, zucchine, cetrioli sono anch'essi frutti. Lattughe, cipolle, carote sono invece verdure.
Le varietà colturali del pomodoro possono appartenere a una delle seguenti classi:
- indeterminata
la pianta cresce continuamente raggiungendo notevoli dimensioni; rami laterali e germogli
continuano a buttare anche dopo che il frutto si è formato; molto produttiva e tardiva;
classico esempio è il San Marzano
- determinata
una volta formato il frutto i getti smettono di crescere e le dimensioni della pianta sono inferiori rispetto all'indeterminata rispetto alla quale è meno produttiva
- nana (determinata)
forti, sotto il metro di altezza e fruttificano in un unico momento con frutti, in genere, di piccole   
dimensioni; ideale per la coltivazione in vaso
- nana (indeterminata)
la pianta rimane nana ma produce frutti di dimensione normale; cresce bene sia nell'orto sia in vaso.
Le cultivar di pomodoro possono essere  classificate inoltre sia come ibride sia a impollinazione libera.
Sono a impollinazione libera quelle cultivar in grado di incrociarsi tra di loro in modo naturale dando origine a piante che "assomigliano" a quelle che le hanno generate.
Le cultivar ibride sono il prodotto tra un incrocio tra varietà che in natura non si sposerebbero spontaneamente; esse sono state introdotte dai selezionatori per garantire una produzione abbondante, uniforme e resistente alle avversità.
Un altro modo ancora di classificare i pomodori è per colore, forma e impiego:
- una volta il pomodoro era solo e soltanto rosso ma oggi si trova in tutti i colori
- la maggioranza dei pomodori sono di forma tonda ma sono apparsi il ciliegino, il datterino, il perino ecc.
- alcune varietà di pomodoro si prestano meglio alla conservazione, altre per fare la salsa, altre ancora per essere mangiate in insalata ecc.

I pomodori classici.
Ace 55: varietà tradizionale (a impollinazione libera)dai frutti rossi e lisci, con polpa soda e carnosa è buonissimo nelle insalate.
Costoluto Fiorentino: varietà tradizionale dal frutto rosso, di forma appiattita e costoluta e con polpa saporita buona nelle insalate come nella preparazione di salse.
Cuore di Bue: dal frutto grande, liscio, a forma di cuore, con polpa carnosa e quasi priva di semi e dal colore rosso vinaccia. Buonissimo nelle insalate ma non disdegna le salse in cucina.
Marmande: varietà tradizionale dai frutti grandi, schiacciati e con striature verdi al colletto. La polpa e dolce.
I pomodori colorati.
Green Zebra: La pelle e la polpa dei frutti sono verdi e il gusto è piccante e dolce contemporaneamente. "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno"
Brandywine: frutti di oltre mezzo chilo dalla buccia di colore rosa e polpa rossa. E' una delle più gustose varietà di pomodoro.
Lemon Boy: E' un ibrido indeterminato che produce frutti color giallo limone.
Nero di Crimea: Buccia e polpa di color rosso-bruno scuro ed è veramente originale
Pomodoro Giallo di Castelfiorentino: Antica varietà coltivata soprattutto in Toscana.
Pomodori perini, ciliegini e a grappolo
Il gusto è dolce e la polpa è morbida. Quelli a grappolo arrivano dalla Thailandia sono più piccoli dei ciliegini. Hanno buccia più spessa e sono meno succosi delle varietà simili. I perini che sono rossi o gialli a forma di piccola pera sono gustosi ma meno dolci dei ciliegini. Alcune delle varietà sono Black Cherry, Pepe, Pepolino (gusto eccellente e semi piccoli), Pizzutello Nano (polpa asciutta e adatto alle conserve), Tondino ( varietà antica meridionale)
Pomodori da salsa
Quasi tutte le varietà di pomodoro si prestano ad essere conservate ma ce ne sono alcune con polpa soda, buccia resistente e meno succose che quindi sono ideali per la salsa. Molte di queste sono anche ideali per il consumo crudo in insalate.
Big Rio: varietà ibrida dai frutti a forma di uovo con polpa compatta e molto dolce. Indicata con clima umido e adatta per conserve e anche a crudo.
Roma: Una delle varietà per conserva più diffuse, tradizionale e indeterminata.
San Marzano: uno dei pomodori più amati di cui evitiamo anche la descrizione.
Fonti e bibliografia: Nardozzi C.

La cipolla rossa di Tropea, se fosse coltivata altrove, manterrebbe le stesse caratteristiche ?          I manuali di agronomia ci dicono che pronunciarsi sulla risposta qualitativa di una coltura relativamente alle scelte agronomiche effettuate richiede cautela, approfondimento e rigore scientifico, anche perché il concetto di qualità non è cosi semplice per come sembra.
Il post precedente, però, ci dà una prima risposta, anche se approssimativa (non scientifica, poiché l'esperimento è stato condotto su fragole e non su cipolla rossa di Tropea). All'Osteria della Cipolla Rossa percepiamo nettamente la differenza tra una cipolla coltivata a Tropea e una cipolla coltivata a Cosenza, ma anche questo è approssimativo: i nostri sensi, in quanto "nostri", sono soggettivi. Ma noi ,purtroppo, ci fidiamo solo del nostro naso e della nostra bocca ed essi ci dicono che le cipolle coltivate nel tratto di costa che va da Zambrone e Capo Vaticano sono le migliori e quindi utilizziamo solo queste. Ecco perché diremo del Promontorio di Capo Vaticano. Detto anche Altopiano del Poro esso è un acrororo che si eleva fino ad un'altitudine massima di 710 m s.l.m. e domina il promontorio di Tropea, la maggiore prominenza della costa tirrenica. I versanti, delimitati da importanti strutture tettoniche (essenzialmente sistema di faglie di Pizzo a nord, graben del Mesima a est e faglia di Coccorino-Nicotera a sud) oltre che dalla linea di costa, lo distaccano e lo caratterizzano nettamente dalle altre catene montuose calabresi.
Fonti e bibliografia: